martedì 21 giugno 2011

Rapporto da via XX Settembre

Autore: Loris Righetto
Qualche tempo fa leggevo sulla free-press Il Verona un articolo retorico scritto da una giornalista di cui non ritengo essenziale fare il nome. L’articolo parla di una vecchina che abita vicino ad un certo condominio, e ha paura paura paura. Questo condominio per chi non fosse pratico del posto, è sito in via XX Settembre a Verona, strada che da Porta Leoni conduce a Porta Vescovo, abitata da immigrati e per la qual ragione nel corso degli anni si è fatta una certa fama: una strada degradata, una strada abitata da delinquenti, una strada dove è meglio non girare di notte, una strada piena di ubriachi molesti. Su questo punto vorrei fare una precisazione: gli ubriachi cinque volte su dieci non sono immigrati, sono studenti universitari. L’Università Degli Studi di Verona, in effetti, è lì nei dintorni, in via San Francesco, e via XX Settembre, come tutto il quartiere di Veronetta, è abitata da immigrati e studenti. Anche se non sono né l’uno né l’altro, sono uno scrittore, da qualche mese vivo in via XX Settembre e penso che è il momento di fare luce sulla questione della vecchina che ha paura paura paura.

All’altezza dell’ex cinema Ciak c’è un gruppo di condomini già salito alle luci della ribalta l’undici ottobre 2006, quando la polizia ha fatto irruzione in certi appartamenti sospetti, li ha messo sotto sequestro per “irregolare tenuta degli impianti gas” e ha denunciato locatari per favoreggiamento della permanenza di clandestini in città. Vicino ad uno di questi appartamenti deve vivere la vecchina protagonista dell’articolo de Il Verona. Una vecchina che ha paura paura paura degli spacciatori sottocasa. Una vecchina che ha paura paura paura di quei negracci e di quei marocchini che cucinano peperoni e cus cus sulle bombole di gas da campo e che un giorno ci faranno saltare tutti in aria. Ha paura paura paura di quella marmaglia che invece di rintanarsi in casa, sta tutto il giorno all’aperto, ai bar, per esempio, e ridono. Ma cosa avranno mai da ridere questi extracomunitari? Ha paura paura paura delle risate degli extracomunitari la vecchina veronese di cui parlava l’articolo de Il Verona. Pago cinquecento euro di affitto, confida la vecchina veronese, E per cosa? Per avere paura paura paura. Il pezzo si conclude con le rassicuranti parole della polizia: abbiate fiducia, quella lì è una zona videocamerata, stiamo svolgendo delle indagini che a breve porteranno i loro frutti.

Non starò qui a rimarcare che proprio di questi giorni é la notizia che gli imputati del repulisti dell’undici ottobre 2006 hanno dimostrato davanti al giudice che tutte le persone fermate erano in possesso di un regolare permesso di soggiorno. E glisserò sul fatto che poca risonanza è stata data a questa notizia. Mi concentrerò invece su altre domande: le lamentele della vecchina sono la spia di qualcosa di reale? Esiste un reale situazione di disagio qui in via XX Settembre? Qualcosa di cui bisogna avere paura. O si tratta di una esagerata, distorta percezione del pericolo?

Mentalmente cercavo di farmi un identikit della vecchina. Mi veniva da collegarla ad una storia che mi ha raccontato il mio amico Alex, da Philadelphia. Durante la scorsa estate è stato qui a Verona per farsi i suoi sei mesi di scambio studentesco, e alloggiava presso una simpatica vecchina che, dice Alex, alle ore ventuno chiudeva porta finestre gas e si asserragliava in casa a guardare la tv. Pur non essendo mai stata derubata, quella vecchina aveva paura paura paura dei ladri, dice Alex, che a volte si faceva dei problemi ad affermare il suo diritto di uscire di casa alle dieci e mezza di un giovedì notte di agosto. Quello lì era il tipo di vecchina che mi aspettavo di trovare in via XX Settembre: affranta dal problema droga, terrorizzata dai ladri.

Così passando in zona buttavo sempre un occhio nel cortile famigerato in cerca dei famosi spacciatori, ma non si vedeva molto di più della tipica scena da via XX Settembre: gente di diverse nazionalità, arabi, asiatici, sudamericani, cittadini est europei, che vivono la socialità all’aperto. Fumano, bevono birra, chiacchierano davanti ai call center e ai kebabbari. Potrebbe essere via Padova a Milano. Ho chiesto un po’ in giro, qualcuno sapeva qualcosa di stupefacenti in via XX Settembre? Al bar due miei conoscenti (uno studente e un giovane trentenne lavoratore) mi hanno confidato che in passato, per procacciarsi sostanze stupefacenti di lieve entità, andavano lì. C’erano due marocchini guardinghi e impauriti che spacciavano. Da quando la polizia li ha acciuffati, sono costretti a rivolgersi a dei pusher italiani, che è un peccato, han detto i miei informatori, la droga dagli italiani costa di più. Comunque della vecchina che ha paura paura paura neanche una traccia. Ma si sa, pensavo, che se questo tipo di vecchine esiste, esiste soprattutto dietro le tende e i vasi di gerani alle finestre, intente a spiare. Ero contento di poter concludere che il mondo é buono e l’anonima giornalista si sbagliava.

Poche sere dopo sono uscito per andare al Malacarne e via XX settembre era tutto un balenare di luci blu, le auto della polizia. Erano ferme davanti ad un paio di call center e sul marciapiede opposto la gente si radunava in cappanelli o si affacciava alle finestre. È una scena tipica di via XX Settembre, la polizia fa il culo a qualcuno, e la gente guarda. Nigeriani, rumeni, brasiliani, cinesi, stanno con le braccia incrociate e commentano e tentano di capire cosa è successo. Mi sono fermato anch’io a chiedere, ma nessuno sapeva dirmi niente. Immaginavo che sarebbe successo qualcosa perché era un paio di giorni che la polizia gironzolava da quelle parti, si vedevano poliziotti e carabinieri fuori dai kebabbari, che chiacchieravano con gli immigrati, a braccia conserte, oppure che eseguivano controlli sui documenti delle persone. Tra le varie volanti ferme c’era la camionetta dell’unità cinefila e ho immaginato che si trattasse o di antiterrorismo o di stupefacenti; in effetti la mattina dopo sull’Arena si parlava di ovuli di cocaina disposti come su uno scaffale in un supermercato (uhm… sa da esagerazione da conferenza stampa tenuta da tronfio capo della polizia). Il registro non presentava scontrini da sei mesi, dice l’Arena, ma in cassa c’erano settecento euro. Ma la notizia mica è questa. La notizia è che nel call center, oltre alla cocaina, c’erano novanta chili di generi alimentari scaduti. Alcuni dei quali avevano le larve. Chissà da dove venivano. Qual è il senso di novanta chili di generi alimentari scaduti in un call center? Generi alimentari di che genere? L’Arena non specifica. L’Arena non sa riconoscere le notizie.

Ho lasciato la scena della perquisizione della polizia e sono andato a bere un bicchiere di vino un po’ triste. Ritenevo che il mondo mi avesse deluso. Non era buono come io volevo che fosse. La scena del call center non era un’eccezione, era qualcosa che accadeva piuttosto di frequente. La vecchina faceva bene ad avere paura paura paura. Bastava leggere i giornali per rendersene conto: parroco trova nigeriano morto con 69 ovuli di cocaina nello stomaco, partita di eroina tagliata male causa morte di due tossicodipendenti in corso Milano e vomito di un altro in p.zza Pradaval, rumena quasi stuprata alle Torricelle etc. Il mondo è una merda, la gente pensa solo al proprio tornaconto, ai soldi e a scopare, e io sono un ingenuo che vive in un sacchetto delle patatine.

Con mio sommo stupore una volta al supermercato IN’S di via XX Settembre stavo facevo la coda per la cassa. L’IN’S di via XX Settembre della zona è uno dei supermercati con i prezzi più bassi e con meno personale disponibile e perciò le code alle casse sono sempre molto lunghe. Stavo leggendo Le Città Invisibili di Calvino, perché le code alla cassa sembrano quelle ai caselli del lago di Garda il giorno di pasquetta. C’è una vecchina di fronte a me, del tipo con bulbo di capelli grigi e giaccone blu, e davanti a lei schizzano due erasmus inglesi, le quali sentendosi un attimo in imbarazzo perchè a tutti davano l’impressione di aver saltato la fila, si affrettano a spiegarsi con il pubblico e con la vecchina. Dicono: c’eravamo noi, signora, si ricorda? Siamo solo andate a prendere questo, -e alzano la confezione di yogurt. E la vecchina, serafica, Ho detto qualcosa io? Poi, senza più degnare di uno sguardo, si è messa a chiacchierare con una donna srilankese che aveva le braccia piene di spesa, E allora signora, come va? Anche lei di nuovo qui? Manca sempre qualcosa in casa, eh? E la donna srilankese ha annuito, Sì signora i soldi non bastano mai. E a me è venuto da pensare, Ma, vecchina cara, lei non li legge i giornali? Lei non dovrebbe avere paura paura paura? Ah, diceva la vecchina nei miei pensieri, Ma cosa vuoi che mi faccia una donna srilankese con in braccio la spesa per i bambini? Sono gli uomini dal pene nero e bitorzoluto che mi fanno paura! Eppure non è che non è mica la prima volta che in via XX Settembre vedo queste prove di rottura del ghiaccio tra vecchine e cittadini immigrati. Una scena simile alla cassa dell’IN’S l’avevo già vista, una vecchina, non la stessa, mi ha fregato la priorità aquisita in fila (ero rimasto indietro, stavo leggendo), dopodiché ha attaccato bottone con un nordafricano che aveva le braccia piene di farina e pacchetti di lievito, Ma cosa vuole preparare, il cus-cus? Il pane, ha detto lui. Non le piace il pane che facciamo qua?, ha detto lei. Sì, ha detto lui, e ha sorriso senza un incisivo, Ma io lo faccio meglio. Mi vien proprio voglia di assaggiarlo questo pane che fa lei, ha detto la vecchina. E il nordafricano, intimidito da tutta quella confidenza, se n’è stato sulle sue, ma poi come se ci avesse pensato, -Se vuoi, signora, un giorno può vieni a casa mia e assaggi, -ha detto e ha indicato una delle case di fronte all’In’s.

E la vecchina, in dialetto veronese, -El staga mia dirlo do ‘olte

Perché l’anonima giornalista de Il Verona ha intervistato la vecchina che ha paura paura paura e non quest’altra? Perché quest’altra le avrebbe dato torto. L’avrebbe costretta a specificare meglio. A passare mezz’ora in più sull’articolo, scegliendo un giro di frasi più aderente alla realtà dei fatti. O a entrare in un call center per osservare la realtà più da vicino, senza accontentarsi di un pregiudizio. Avrebbero dovuto ammettere che, per lo stato attuale delle cose, la notizia vera non è che la gente ha paura, ma che esistono spericolati e splendidi essere umani che non ne hanno.

[Loris Righetto - novembre 2009]

Tratto dal blog dell'autore Loris Mag.

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