Veronetta Vintage
Fonte: L'Arena.it del 18/12/2011
FOTOGRAFIA. Immagini dal volume e modernariato al Deposito A
«Verona Vintage»: il libro di Enzo e Raffaello Bassotto documenta scorci del nostro passato prossimo cogliendo l'anima dei luoghi nel loro momento finale IL BRUTTO
Lo chiamano «Vintage», che starebbe per «cosa d'annata», i fratelli Enzo e Raffale Bassotto, fotografi. La Verona Vintage, nelle immagini raccolte nel loro ultimo libro, presentato assieme a un'ampia mostra fotografica all'interno di Deposito A in Veronetta (via XX Settembre 35b), è ritratta in centinaia di immagini, realizzate dal 1983 a oggi. Insegne pubblicitarie, negozi, benzinai, facciate di cinema, ma anche stazioni, case, edifici abbandonati.
Sono scorci che la cronaca magari classifica come degrado urbano, salvo nobilitarli come archeologia industriale. Ma il fotografo ne coglie l'aspetto vitale, l'anima, il bello del brutto. Pop art involontaria, atmosfere alla Edward Hopper.
Il richiamo al pittore americano è palese guardando le immagini delle pompe di benzina. O quel lavaggio di macchine «a mano», con piastrelle a mosaico anni Sessanta, un tempo molto frequentato su Viale Venezia. E ancora, i pochissimi, superstiti vecchi negozi del centro.
Ma al vintage appartengono anche cinema come il Capitol a Porta Vescovo, abbattuto di recente, la cui foto ci conserva memoria della sua facciata razionalista con mattoni a vista, o il Felix a San Martino Buon Albergo, dalla facciata di sapore decò «che potrebbe trovarsi a Miami». Come quel Mr Panino in Zai, che aveva come insegna, sopra all'entrata, un grande panino di plastica.
«Le nostre immagini non vogliono avere il taglio del reportage o del documento, ma vogliono far diventare questi pezzi, che hanno perso il loro utilizzo e sono destinati alla sparizione o alla trasformazione, degli esemplari unici», dicono i fotografi. Come i resti delle scritte originali, anni Trenta, sulla facciata dei Magazzini Generali. SPECIA e ZATA: quant'è rimasto della scritta «Officina frigorifera specializzata». Le lettere di gesso si stanno disfacendo. «È la sorte di tanti manufatti simili a questi», precisano i fratelli Bassotto, «che si vogliono conservare, perché testimonianza del passato. Eppure gran parte di essi sono inevitabilmente destinati a scomparire».
Evocano la pop art altre immagini, come quella di un phone center a Ronco all'Adige o il cinema Smeraldo ad Arcole. Immagini frontali, senza apertura alla prospettiva, alla percezione che non sia documentaristica. Tra i fotografi del passato, i fratelli Bassotto considerano precursori di questo stile «seriale» i coniugi tedeschi Bernd e Hilla Becher, che dagli anni Sessanta iniziarono una sistematica documentazione antologica di insediamenti abitativi e industriali partendo dalla regione della Ruhr. Quando i Becher parteciparono nel 1990 alla Biennale di Venezia, con le loro serie fotografiche divise per tipologie e descritte con una visione frontale e uno sguardo chiaro e rigoroso, fu assegnato a loro il premio non per la fotografia ma per la scultura. «Le loro linee di ricerca sono anche le nostre», dichiarano i Bassotto, «la fotografia vissuta come arte e mezzo di comunicazione, sviluppo di una serie e di una tipologia e una precisa analisi storica e socioeconomica».
Anche nel curriculum dei fratelli veronesi non manca la Biennale d'Arte. Ci sono stati, a Venezia, nel 1995, invitati ad esporre, nell'ambito della mostra l'«Io e il suo doppio», al Padiglione Italia ai Giardini, le loro immagini sui vecchi. Da allora continuano a fotografare per documentare il territorio. Nel 2013 li attende un altro appuntamento espositivo, a Parma, all'Archivio Comunicazione dell'Università dove presenteranno un loro lavoro del 1980, quello su Borgo Nuovo.
«Verona Vintage racconta un destino comune», concludono i Bassotto, «a tante cose che diventano testimonianza di questa Verona non particolarmente attenta ai propri beni». Un libro che fissa nella memoria cose destinate a sparire: immortalare lo stato di precarietà.
Giustamente la mostra, realizzata grazie a Paluani, è ospitata nel vecchio forno del pane Meneghello, riaperto dopo vent'anni a Veronetta. Vi si trovano oltre mille pezzi di un'assortita esposizione permanente di design del Novecento: oggetti e arredi del secolo ormai scorso e di arte contemporanea. Dall'illuminazione di Albini, Sarfatti, Fontana Arte, Mollino, Ponti, ai mobili anni Cinquanta, a quadri di Daniele Nalin, Mauro Reggiani, grafiche di Andy Warhol... Altre testimonianze a futura memoria nella civiltà che cambia.
Maria Teresa Ferrari
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