giovedì 15 settembre 2011

Veronetta, «sguardi paralleli» sull'immigrazione

Da L'Arena.it del 14/09/2011

Una mostra a Porta Vescovo, aperta nei fine settimana (venerdì dalla 18 alle 24, sabato dalle 14 alle 24 e domenica da mezzogiorno a mezzanotte), racconta in un modo nuovo Veronetta. Il tentativo dei fotografi del gruppo di ricerca Sguardi Paralleli, formatosi all’interno di un laboratorio condotto da Marco Ambrosi con la consulenza di Giancarlo Beltrame, è quello di uscire dalla visione stereotipata di quartiere dell’immigrazione e dei problemi legati a essa, spesso frutto di pregiudizi, per proporne una lettura basata sulla complessità.

La metafora scelta è quella di un arcipelago formato da tante isole, spaziali ma anche temporali, confinanti tra loro, i cui abitanti si guardano senza spesso vedersi. E di sei isole è fatto l’allestimento ad hoc realizzato dall’associazione culturale Dèsegni. Sei isole iconiche che consentono di avere un colpo d’occhio sulle caratteristiche della gente che compone un tessuto abitativo stratificato come quello di Veronetta. Una “mappa tascabile” (leggera) dei suoi luoghi e dei suoi abitanti.

Sei isole in cui la parte iconica è integrata con i supporti creati da Dèsegni: “Intra Moenia”, 12 cilindri rotanti con foto a 360 gradi, una eco visiva dei rulli votivi nei templi buddisti tibetani, di Ana Blagojevic; “Lato B” di Dea Longo, immagini prese nelle case di Veronetta, che stampate su fronte e retro di pannelli sospesi a invisibili fili, ruotano mostrando ora il privato ora il pubblico; “Αρχιπελαγος – Appunti di viaggio nelle isole di Veronetta”,mappe antiche del quartiere su cui sono spillate, come appunti di un viaggio nel tempo e nello spazio, finte Polaroid che raccontano il quartiere visto nei suoi spazi pubblici, di Giancarlo Beltrame; “Quel che resta dei sogni o De Camera Obscura” di Antonella Iovino, sogni inseguiti nelle stanze da letto degli abitanti del quartiere, appesi come gigantografie o proiettati nelle scatole vuote di una ventina di televisori; “Alter Ego” di Marco Ambrosi, l’unico fotografo professionista del gruppo, doppi ritratti – il prima e il dopo – di persone passate per le mani degli artisti della festa in piazza Santa Toscana “Con questa faccia da straniero” di domenica 11; infine la sesta isola: le immagini anch’esse sospese su canne da pesca che rievocano il bastone pastorale di San Zeno di Laura Toffaletti, illustratrice e calligrafa, artista ospite, che con “Segni Stranieri” sovrappone ad una Veronetta in parte scomparsa la Veronetta parzialmente invisibile dei migranti.

E il titolo “Veronette” riassume questa pluralità di visione, riallacciandosi nel tempo alla matrice toponomastica del quartiere, quel termine francese che conteneva un segno di spregio nei confronti della piccola parte di Verona, in Sinistra Adige, che a inizio Ottocento era rimasta agli austriaci. Anche in questo caso un’eco lontana di storie di “foresti”.

Il Video. Cosa c’è di più tranquillo dell’alba del giorno di Ferragosto? Con uno scooter trasformato in “motocamera” Giancarlo Beltrame ha girato per le strade deserte di Veronetta alle prime luci del giorno festivo per antonomasia. Pochi i segni di presenza umana, qualche auto che passa, un camion che raccoglie le immondizie, un anziano che porta a spasso il suo cane.

Questo il dato di realtà raccolto dalla videocamera. Ma se si cambiano le modalità di percezione visiva e uditiva mutano anche le visioni e le idee. Velocizzando al massimo le riprese il pacioso andirivieni nelle vie e nei vicoli del quartiere diventa una folle corsa all’interno di un labirinto senza uscita, dove si continua a ritornare sui propri passi e a sbattere contro ostacoli sempre nuovi senza mai trovare l’uscita. Se poi il silenzio diventa una canea di segnali di allarme, l’ansia si fa palpabile e crescente e per sette minuti e mezzo si respira contratti. Questo è “Phobos – Le radici della paura”, una riflessione audiovisiva sull’origine delle fobie applicata a un quartiere che spesso, troppo spesso, è stato dipinto come una fucina incontrollabile di allarmi ed emergenze. Perché la paura non è nelle cose, ma nel modo come le si guarda.



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